Salendo la scaletta in legno, passato l’ammezzato si raggiunge il primo piano nobile del palazzo Pesaro degli Orfei. Palazzo Pesaro è stata la residenza di Mariano Fortuny y Madrazo dal 1899 al 1949.
Il lunghissimo portego misura 45 metri; le finestre sul lato canale sono oscurate, come pure quelle sul campo San Beneto; l’ambiente in penombra fa risaltare suggestivi tessuti, lampadari orientaleggianti, dipinti di cicli wagneriani, ritratti ed autoritratti, abiti in stoffa plissettata.
Alla parete di sinistra un dipinto ci fornisce idea di quello che era l’aspetto dell’atelier 100 anni fa, non molto dissimile da quello attuale.
Fino al 4 novembre 2019 la mostra I FORTUNY, curata da Daniela Ferretti, presenta FORTUNY padre e FORTUNY figlio, poliedrici e talentuosi artisti accostati nelle loro opere e nelle loro collezioni.
MARIANO FORTUNY Y MARSAL (1838-1874) era un artista che si era fatto da solo, nato in Spagna, formatosi a Roma grazie ad una borsa di studio, amato dalla cerchia di artisti a Roma e ricercato ed ammirato a Parigi. Il suo viaggio in gioventù in Marocco per conto del governo spagnolo con l’incarico di immortalare la guerra ispano marocchina aveva cambiato la sua percezione del colore, portandolo ad un cromatismo vivace e brillante.
Mariano Y Marsal era dunque un pittore.
Entrando a sinistra una serie di dipinti di Fortuny Y Marsal, il gelsomino blu ad Alhambra, schizzi di cani, galli, asini, strade a Granada.
Nella parete di fronte dipinti di nature morte, di un arabo davanti ad un tappeto.
Mariano era anche un avido ed attento collezionista di tessuti, tappeti, vasellame, vetri, armi, argenteria, che poi rielaborava nei suoi quadri.
Sotto ai dipinti sulla panca elmo e scudo di manifattura persiana.
Mariano Y Marsal aveva sposato CECILIA DE MADRAZO, figlia di un celebre pittore e direttore del Prado, figlia di una famiglia di artisti, lei stessa donna colta, raffinata, con la passione per le stoffe.
Alla morte prematura del marito la vedova Cecilia aveva messo all’asta a Parigi molti oggetti (alcuni rimasti a lei passarono poi a Mariano ed alla sua morte vennero donate dalla vedova Henriette a vari musei europei).
Esposto alla fine del portego il libro dell’asta tenutasi all’albergo Drouet a Parigi nel 1875.
MARIANO Y FORTUNY era nato a Granada nel 1871, aveva 3 anni alla morte prematura del padre; si trasferì nel 1874 con la madre e la sorella a Parigi, dove conobbe un nuovo mondo: il teatro con illuminazione elettrica, attrezzature e costumi.
Nel 1889 la madre si trasferì a palazzo Martinengo a Venezia, facendone un luogo di incontro per gli artisti presenti a Venezia, tra i quali Marcel Proust e Paul Morand.
Fortuny acquistò nel 1899 il sottotetto del palazzo Pesaro, poi pian piano i singoli piani nobili. Dopo qualche decennio il palazzo divenne troppo piccolo ed aprì la sua fabbrica alla Giudecca per stampa di stoffe, di cotone egiziano, divenendo così anche un imprenditore industrioso.
Mariano sperimentò in tutti i campi di applicazione, versatile come il padre, entrambi appassionati di viaggio, collezionismo ed orientalismo.
Fortuny fu anche un inventore.
Nel salone al lato del portego e disseminati ovunque tavolini étagères con bottigliette con etichette con nomi di colori, oli, panche-cavalletti, scale da biblioteca, da lui pensati.
La Cupola, il suo modello del teatro delle Feste ed il teatro di Bayreuth in miniatura dimostrano il suo interesse per la illuminotecnica e la scenotecnica dopo un viaggio a Bayreuth, folgorato da Wagner e dalle sue opere, ma scontento del gioco di luci dell’Oro del Reno.
Fortuny fu anche un appassionato fotografo, varie macchine fotografiche sono esposte con alcune foto da lui scattate (inventò anche un tipo di carta fotografica). Il museo dispone di 12000 negativi e 10000 stampe positive.
Una foto della Piazza senza campanile balza agli occhi …
L’ingegnoso Fortuny inventò la lampada da terra, una icona di essenzialità, solida ed intramontabile.
La lampada (a diffusore) Fortuny ha una base simile a quella di un treppiede, regolabile la gamba, orientabile e ribaltabile, la lampadina rivolta verso l’interno del paralume riflette su cotone bianco.
Si cimentò con lampade in seta di varie fogge, a cesendello (ad imitazioni di quelli in vetro dipinti da Bellini e Carpaccio), Sherazade (a 3 dischi in garza di seta collegata da cordicina con l’aggiunta di perle), a scudo saraceno, Saturno (ispirato al mondo celeste), Samarkanda, concubina.
Fortuny fu anche pittore brillante.
Nella seconda metà del portego a destra i dipinti ad imitazione dei grandi pittori Tintoretto, Veronese, Tiepolo, Velasquez… Fu autore anche di uno straordinario ciclo wagneriano.
La creatività del prolifico Fortuny non ebbe fine, divenne stilista di haute couture e designer, stampò stoffe e tessuti.
Gli splendidi vestiti, abiti Delphos e Peplos vennero indossati da Sarah Bernhardt, Isadora Duncan ed Eleonora Duse; risultavano leggeri e morbidi, rivoluzionari, senza la costrizione del busto.
Il Delphos (così chiamato per omaggiare l’auriga di Delfi) 100 anni dopo è rimasto una icona, la forma è semplice, la tinta unita, indossata con una cintura ed una sopravveste con perle veneziane.
Anche il Peplos ed il velo Knossos nacquero dalla mente geniale di Mariano.
Nel 1902 aveva conosciuto Henriette Negrin divorziata, la sua musa, moglie, ed amica, dal carattere deciso, mai accolta dalla madre di Mariano e dalla sorella che videro in lei l’intrusa, l’incomodo…
Ovunque dipinti della moglie Henriette che non si stancò mai di dipingere, della madre e della sorella.
Entrambi uomini creativi e geniali, sperimentatori ed artisti versatili.
Fiona Giusto
www.venicetours.it